Un confratello mi ha fatto avere la riflessione che un altro confratello ha sottoposto al nostro Arcivescovo negli incontri con i sacerdoti della zona pastorale 1, la zona di Milano città.
Ho sentito con grande forza l'intelligenza di queste parole e per ognuno di questi paragrafi mi sono visto davanti agli occhi preti che ho conosciuto ...e poi ho rivisto anche me stesso.
Ringrazio di questi buoni confratelli e ringrazio il Signore dei nove anni passati a Milano. I primi anni di ministero, tra errori e tradimenti, tra scoperte ed entusiasmo. Se oggi sono quello che sono è anche grazie a quegli anni intensissimi e a questo confratello non solo bravo a scrivere o a parlare al Vescovo, ma bravo ad ascoltare e a correggere senza condannare.
Affido al Signore la nostra amata diocesi, a Lui che sempre ci precede e scrive la Verità nella storia, perché accompagni e protegga questi anni di ministero del nostro Cardinale Arcivescovo.
Incontro con il card. Angelo Scola con la Zona 1
IL NOSTRO MINISTERO IN CITTÀ A MILANO
Premesso che per Lei questo è l’ultimo degli incontri nelle sette zone pastorali, credo che un quadro complessivo stia ormai emergendo e non penso che la nostra zona con il suo presbiterio costituiscano un’eccezione. Tuttavia la zona di Milano e il suo clero hanno alcune caratteristiche, doni e limiti, che ne delineano una propria peculiarità. Il mio è solo un intervento di avvio per poi aprire il confronto con Lei e tra noi; mi accontento allora di dare solo qualche pennellata, con il limite della brevità ma anche con il desiderio di fare come un indice di fisionomie di preti e di ministero che a Milano, come nelle altre zone, e forse diversamente dalle altre zone, si stagliano sullo sfondo della vita della nostra città e delle nostre comunità. Infatti il primo dato evidente è proprio questo, cioè lo stretto legame tra il prete e la sua comunità, tra il contesto di vita e il ministero che ci troviamo a svolgere a Milano. Detto a mo’ di slogan, la comunità genera il prete, in qualche modo lo plasma, lo forma, anche se spesso abbiamo la pretesa o l’illusione che accada solamente il contrario. Chi è dunque il prete a Milano? Cosa fa? Come vive? Quali chances e quali fatiche incontra per la sua persona e per il suo ministero? Chi diventa quel credente che esercita il ministero ordinato a Milano?
A Milano un prete si santifica, nel suo ministero quotidiano, fatto di mille incombenze: richieste, incontri, catechesi, confessioni, celebrazione dei sacramenti…, ma anche sostegno a chi soffre, a chi è preoccupato per i figli e per il futuro, a chi nella grande città è rimasto solo, è anziano o malato. Mille incombenze, che spesso toccano anche la gestione e la buona amministrazione dei beni e delle strutture affidate, gestione che quasi sempre è condivisa con quei laici con cui, grazie a Dio, gli è dato di collaborare.
A Milano un prete si frustra, perché molti si perdono e perdono la fede, perché a volte gli Oratori si svuotano e i giovani fanno altre scelte; perché nonostante la passione e l’impegno, percepisce che chi ha davanti non si fida ne’ di lui ne’ di Dio; perché sarebbe bello avere il tempo di incontrare tutti quelli che lo vorrebbero, sedendosi con calma per ascoltare col cuore; perché quella Parola che gli ha toccato il cuore, non trova spazio nel cuore delle gente che ha imparato ad amare.
A Milano un prete si spende, e forse un po’ si logora, nel tentativo di rispondere alle tante, troppe povertà delle nostre periferie o delle famiglie di chi ha perso il lavoro; le povertà legate alla fragilità psichica e affettiva; quelle dei nostri ragazzi che ancora, nonostante tutto, finiscono nella droga; quelle di chi quotidianamente bussa alle nostre porte e tende la mano: emarginati, immigrati italiani e stranieri spesso sfruttati, oppure trattati come delinquenti; la povertà anche di chi invece ha tutto, ma ha perso il desiderio di vivere.
A Milano un prete si siede, adattandosi a comunità stanche e troppo invecchiate, incapaci di aprirsi al territorio, indisponibili a camminare insieme ad altre comunità cristiane; comunità talvolta chiuse in antiche basiliche e un po’ sostenute, come vecchie matrone decadute, a volte celebrando liturgie che sanno di vecchio e poco comunicano della forza del vangelo. Così magari senza volerlo e senza accorgersi, anche il prete si ritrova seduto, invecchiato prima del tempo, senza necessariamente essere davvero anziano, però purtroppo già vecchio, vecchio “dentro”.
A Milano un prete si espone, camminando sul filo e senza rete sotto, confrontandosi ogni giorno con le innumerevoli persone che sono “sul confine”: quelle che si trovano in situazioni irregolari cioè credenti che cercano di vivere come possono la loro fede; quelli che non credono, ma che chiedono sinceramente di capire; i tanti a cui in fondo non importa nulla ne’ del prete ne’ di quello che rappresenta, che in sostanza se ne fregano e pretendono soltanto, perché dicono: “la chiesa dovrebbe…, la chiesa non capisce…., la chiesa ha sbagliato….”; ma anche quelli che vorrebbero ricominciare, rimettersi in cammino e non sanno da dove partire.
A Milano un prete si imborghesisce, qualche volta addirittura si imbosca, inventandosi un ministero “improbabile”, correndo dietro a gruppi e spiritualità o devozioni strane, oppure mettendosi al servizio di desideri inutili di famiglie benestanti, servendone i figli annoiati e viziati, o rispondendo a bisogni religiosi che con la fede nel Dio di Gesù Cristo poco hanno a che vedere; così, a volte, si ritrova ad assumere ritmi e stili di vita, che con la sobrietà e la semplicità della vita cristiana non c’entrano nulla.
A Milano un prete si perde o si ritrova, nel desiderio di una fraternità cercata e insieme temuta; nel bisogno di relazioni autentiche con i confratelli, con la propria comunità e con gli uomini e le donne che nella nostra città, a volte come naufraghi, a volte come viandanti, sono alla ricerca di veri compagni di cammino. Ma come gli uomini e le donne di questo nostro tempo, nella grande città talvolta si perdono in relazioni impossibili; oppure si giocano fino in fondo, rimettendoci perfino la salute, pur di restare fedeli a tutti quei legami nati a motivo della fede e fondati sul Signore.
A Milano un prete si attende qualcosa, forse molto: si attende di essere conosciuto nel proprio percorso umano e spirituale; si attende di essere ascoltato e possibilmente interpellato sulle scelte importanti, non solo di essere messo davanti a decisioni di cui prendere atto e semplicemente, o passivamente, obbedire; si attende che gli venga offerta ancora una buona formazione, capace consegnare gli strumenti per interpretare questo nostro tempo e poter ancora annunciare il vangelo all’uomo di oggi. A Milano un prete si attende anche di non perdere la fede e magari, se possibile, di farla crescere.
A Milano (ma non solo a Milano) un prete si interroga, su questo momento di chiesa, sui passi che ci stanno davanti, per la nostra Diocesi e per la Chiesa Universale; si interroga su dove lo Spirito del Signore ci sta conducendo attraverso il magistero del nostro pastore; si interroga su come essere davvero in comunione col proprio vescovo, nel desiderio sincero di camminare insieme, come Lei stesso ci ha chiesto in modo accorato: “Sosteniamoci lungo questo cammino”.
A Lei chiediamo proprio questo, di sostenerci lungo il cammino che la provvidenza di Dio ci condurrà a compiere; da parte nostra vogliamo continuare a vivere il nostro ministero in comunione con Lei, come con i suoi predecessori, sostenendola per come saremo capaci, nel suo servizio di pastore, e chiedendo al Signore di condurci insieme, vescovo e presbiterio, lungo questo nuovo cammino, perché sia davvero un cammino di comunione. Grazie
Milano, 8 novembre 201