Ho letto di tutto e di tutto sono sconcertato, ma questo mi pare che illumini davvero quello che avevo intuito conoscendo il mio Vescovo al quale devo filiale rispetto ed obbedienza non perché ho il capo chino, ma perché in questi 30 anni di conoscenza si è ampiamente meritato fiducia e paternità. E non mi importa nulla che qualcuno non sia d'accordo.
Per questo motivo, sul mio sito, tra gli articoli di pregio, raccolgo queste parole. Rubate certo, anche se offerte in rete senza copyright, ma rubate perché preziose. Chi ha voglia di capire, capisca. Chi no, s'arrangi e resti con i suoi vili rancori giudicanti.
Unica pecca, che subito i cavillosi amanti delle belle pietre del tempio noteranno, l'Arcivescovo non è cardinale. Ma si capisce bene uguale.
 

Elogio laico e letterario dell'omelia dell'arcivescovo Delpini
 
...mah che dire, leggo che l'omelia dell'arcivescovo di Milano a molti non è piaciuta perché mancherebbe la condanna e sarebbe un capolavoro di gesuitismo.
Secondo questi critici l'arcivescovo avrebbe dovuto condannare risolutamente il morto, dirne peste e corna, deprecarne pubblicamente vizi e malefatte. Avrebbe dovuto trattarlo da gran farabutto insomma.
 
Ora a me pare invece che quell'omelia sia un capolavoro di alta retorica, ma nel senso migliore della parola. In un senso che non implica affatto una qualunque forma di acquiescenza verso il potente. Il Cardinale ha scelto infatti di impostare la sua predica sulle figure classiche della reticenza e dell'ellissi; ha scelto di alludere invece che di dichiarare, esplicitare.
Lo ha fatto a partire dal nome, quel nome di cui il Signor B. andava tanto fiero e di cui viene invece quasi del tutto espropriato. Al suo posto c'è "un uomo" che adesso se la deve vedere con un giudice ben diverso da quelli del tribunale. Ecco chi era dunque il "grande" morto: un uomo e basta.
 
Insomma invece che dire di più il Cardinale ha detto di meno. Ma chi ha stabilito che il non dire sia sempre e solo sintomo di auto-censura, di compiacenza e acquiescenza?
Bisogna avere davvero una ben meschina idea del linguaggio umano per pensarlo.
 
Leggo dall'omelia:
"Quando un uomo è un uomo d’affari, allora cerca di fare affari. Si arrischia in imprese spericolate. Guarda ai numeri a non ai criteri. Deve fare affari. Non può fidarsi troppo degli altri e sa che gli altri non si fidano troppo di lui. È un uomo d’affari e deve fare affari."
E chiedo: ma in che senso mai questa sarebbe una lode, una celebrazione dell'uomo d'affari Berlusconi? E' una lode dire che lui doveva fare affari in modo spericolato e senza badare ai criteri (morali) con cui li conduceva, quegli affari? Ma davvero c'è un industriale o imprenditore al mondo che vorrebbe essere ricordato così il giorno dei suoi funerali? E quale uomo politico vorrebbe essere ricordato il giorno dei suoi funerali nel modo con cui Delpini ha ricordato il politico SB?
 
Lo cito ancora:
"Quando un uomo è un uomo politico, allora cerca di vincere. Ha sostenitori e oppositori. C’è chi lo esalta e chi non può sopportarlo. Un uomo politico è sempre un uomo di parte".
Alcide de Gasperi sarebbe stato contento se l'officiante nel ricordarlo il giorno del suo funerale avesse detto di lui: "Alcide de Gasperi è stato un uomo di parte che ha sempre cercato di vincere"?
In che senso questo costituirebbe un qualche riconoscimento del valore politico del morto?
 
Va da sé che questo non dire del Cardinale vale come un giudizio implicito, espresso cioè in forma antifrastica. Sembra di sentire l'Antonio di Shakespeare che elogia ironicamente Bruto: "...e Bruto è un uomo d'onore". Quando invece vuol dire l'opposto: che Bruto NON è un uomo d'onore. Così il Cardinale: parla dell'imprenditore e del politico in un modo tale che non può che suonare ironico. No, un bravo politico, un bravo imprenditore non cercano solo di vincere e guadagnare a tutti i costi!
 
E infine il Cardinale dice che adesso è giunto il tempo che quell'uomo sempre alla ricerca di fare affari, di vincere e piacere dovrà vedersela con la giustizia divina: "Ecco che cosa posso dire di Silvio Berlusconi. È un uomo e ora incontra Dio."
 
Da qualche tempo i preti quando fanno le loro omelie funebri le concludono garantendo che il morto sarà senz'altro tra i salvati e che anzi lui già ci saluta e benedice dall'alto dei cieli. C'è un'idea di un Dio lassista più ancora che misericordioso. Fa forse questo Delpini? No, dice solo che quest'uomo sempre alla ricerca del successo e del potere dovrà fare i conti con una istanza di giustizia alta e severa. Assolutamente non corruttibile. E non esprime nemmeno la speranza, l'augurio di una assoluzione come bon ton avrebbe previsto. Ancora una volta al posto di quell'augurio c'è un silenzio, c'è una reticenza, ma parlante. Un silenzio assordante, come si suol dire.
 
E però no, secondo i critici il Cardinale avrebbe dovuto dire che Dio lo avrebbe preso a pedate nel culo quell'infame peccatore! Questo doveva fare! Come se l'Arcivescovo non dovesse rispettare anche degli obblighi istituzionali diversamente da noi che scriviamo sui social. Certo che ne ha tenuto conto di quegli obblighi, ma nel tenerne conto è stato anche capace di astenersi da qualunque celebrazione del morto. Se ne è astenuto totalmente e questa deliberata astensione m'è parsa un capolavoro di retorica nel senso migliore della parola. Degno di un Bossuet (per adoperare un paragone usato qui da Stefano Trucco). Il che non è poco dire.

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La ringrazio Professore! Finalmente qualcuno che ha capito la vera altezza di un uomo piccolo di statura che non ha bisogno di tacchi rialzati per stare di fronte ad un nano che si è sempre creduto un gigante.

Fonte: https://www.facebook.com/stefano.brugnolo.1/posts/6268488309936763