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[il Manfredi, fabbro ferraio] bestemmiava con grande fantasia, mentre batteva il ferro sull'incudine.
Mia madre mi aveva premunito contro questo scandalo, ma, alla lontana, io sono riuscito, per merito del Manfredi, a distinguere la bestemmia proletaria, che è un fenomeno religioso, dalla bestemmia borghese, che è ributtante cinismo. Quando gli comunicai che il giorno dopo sarei partito per il collegio degli Scolipi, mi mise le mani sulle spalle e mi disse, in modo ieratico: «Non ti lasciare imbrogliare dai preti!». Trent'anni dopo, quando i giornali parlarono di me, condannato in tribunale per la difesa dell'obiezione di coscienza, mi trovano al cimitero, dinnanzi alla lapide di mio padre.
Non avevo più rivisto il Manfredi. Mi si avvicinò, mi toccò la spalla e mi disse come se ci fossimo lasciati il giorno prima: «Ernesto, non ci sono riusciti!».
La sua fierezza mi toccò nel profondo come una benedizione di Dio.
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E. Balducci, Il sogno di una cosa, Giunti. pp. 39-40